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"Lost" in TV 2 - Un caso mediatico
"Lost", l’ultimo dei serial televisivi trasformatosi in poco tempo in un vero e proprio caso mediatico. Molti i fattori che hanno contribuito a decretarne lo straordinario successo
di Ticino7
Dietro le ampie lenti sfoggiate
da J.J. Abrams deve
celarsi una mente in qualche modo diabolica. Il regista, produttore e
sceneggiatore americano, con la complicità
di Damon Lindelof e
Jeffrey Lieber, ha dato vita
a un fenomeno che nella storia del piccolo schermo
non conosce pari. Lost, che
piaccia o meno, rappresenta un significativo punto di svolta — o di non
ritorno, a seconda della prospettiva — nell’evoluzione dei serial
televisivi.
Lo straordinario successo ottenuto dallo show di Abrams
affonda le proprie radici direttamente nella struttura drammatica del
serial, un solido congegno di meccanismi narrativi che, se presi singolarmente,
non costituiscono
novità alcuna. Il merito consiste piuttosto nell’aver compreso le
potenzialità che si annidano nei cliché propri della narrazione seriale,
portando al limite più estremo le conseguenze del loro utilizzo.
L’intero arco narrativo di Lost trova fondamento in un
procedimento per accumulo accortamente studiato: il classico colpo di
scena, l’improvviso ribaltamento di prospettiva e il flashback sono
espedienti che governano la consecutio narrativa del
Del resto, l’universo di Lost attinge a piene
mani da quello stesso immaginario condiviso che condiziona le nostre
modalità di percezione. Tutto il serial è pervaso da riferimenti più o
meno espliciti ad una cultura pop ormai sedimentata — buona parte
dell’intrattenimento d’avventura compreso tra Robinson Crusoe e gli
X-Files —, con l’aggiunta di figure archetipiche debitamente
attualizzate. Basti pensare allo stuolo di protagonisti: nella maggior
parte dei casi caratteri
fortemente stereotipati, modellati in
base ai dettami del politically correct. Quanto detto facilita l’empatia
nei confronti dei personaggi, incidendo positivamente sul bacino
d’utenza cui il seria! può fare riferimento. Ed è proprio mirando
all’audience che si è deciso di coinvolgere media diversi (siti
internet, reality games,
videogiochi), generando esperienze
estranee all’ordinaria fruizione televisiva che, lungi
dall’essere semplici espedienti promozionali, integrano la fitta trama
della serie, rappresentandone un completamento quasi necessario. In
sostanza tutto è abilmente programmato, eppure la formula funziona alla
perfezione. Prima del verdetto definitivo occorrerà attendere la fine
dei giochi (prevista per il 2010), incrociando le dita affinché il tutto
non si riveli una bolla di sapone. Per ora attendiamo dunque lo sbarco
della prossima stagione, tormentati dalla tipica ansia di chi, nel
tranello teso da Abrams, "ci è cascato con
tutte le scarpe".